Verona: Buongiorno tristezza

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
vanni-merlin
00venerdì 1 giugno 2007 23:13
Buongiorno tristezza

A Verona, a Palazzo della Ragione, una grande mostra indaga la malinconia come fonte d'ispirazione per artisti dal Quattrocento al Novecento, da Botticelli, Michelangelo e Caravaggio, fino a Modigliani, Cragg e Viola



Verona - "Fu a Firenze che la meditazione si accese, prima che in altri luoghi, al cospetto dell'amore; fu nel crogiolo di Marsilio Ficino e tra le panche e i salotti minimalisti di Lorenzo dè Medici che quell'amore si congiunse alla bellezza del mondo, per condividerla malinconicamente con l'idea della bellezza assoluta. Fu il finito a sospingere verso l'infinito e fu la forma perfetta a suggerire all'arte la malinconia per la forma irraggiungibile, raggiungibile solo in ciò che non si dà come forma. Fu il rifiorire dei principi mistici e platonici, almeno in parte liberati dalla scolastica a permettere a quella malinconia aristotelica di rinvigorirsi e consolidarsi. E fu la relativa debolezza di casa Medici a costringere la famiglia a smussare arroganze e splendori, a coltivar cultura, a non rinunciare allo spirito che affiorava dalle cose del mondo, a costruire palazzi e quant'altro possibilmente fuori dalle mura cittadine, per non destare sospetti di arroganza e di presunzione. I muscoli era meglio affinarli che mostrarli". Fu, insomma, l'entourage fiorentino promosso da Lorenzo dè Medici, la culla del Rinascimento, ad avviare una riflessione sperimentale di pura sensibilità moderna, decongestionata da dettami clericali, sull'ebbrezza malinconica intesa come predisposizione creativa dell'animo. A questa consapevolezza giunge dopo quattro anni di lavoro scientifico il direttore di Palazzo Forti, Giorgio Cortenova, che traspone nell'esposizione "Il Settimo splendore. Modernità della Malinconia", di cui è ideatore e curatore, che va in scena fino al 27 luglio, nel restaurato edificio, che è stato nel suo lungo passato, castello, prigione, palazzo di giustizia, e riconsegnato all'antica bellezza come inedito spazio espositivo, grazie all'intervento di recupero, sponsorizzato dalla Cariverona, e firmato da Tobia Scarpa, un architetto di fama e un cognome di casa a Verona, attraverso l'opera di suo padre Carlo che a suo tempo ripristinò la vibrante bellezza di Castelvecchio.

Una mostra monumentale, per i duecento capolavori presentati a coprire un arco cronologico dal Quattrocento al Novecento, e ambiziosa negli intenti come non mai, a indagare la parabola di una modernità emotiva dell'arte, non altro che l'intreccio di amore ideale, di malinconia e di meditativa riflessione decantato nientemeno che da Dante Alighieri, in quel "Noi siam levati al settimo splendore", a quel settimo cielo del Paradiso. Se l'ambizione espositiva è tanta, non c'è però l'intento curatoriale di circoscrivere e di confinare l'espressione artistica della Malinconia. Ed è questa la formula vincente. Perché se Cortenova individua una possibile sintesi concettuale della malinconia in "quell'essere tristi senza saperne decifrare il perché", è anche consapevole che la "malinconia è peraltro uno stato d'animo e appartiene al vissuto degli esseri umani, alle ipotesi si aggiungono le sensazioni, le esperienze individuali, i tepori o invece le asprezze dei singoli. Cosicché la nebbia avanza e si diffonde e l'idea dell'arcipelago in cui la malinconia si frantuma e si moltiplica deve lasciare il posto alla molto più estesa ed incerta idea di una nebulosa in continua trasmigrazione nell'universo e con l'universo".

Così ecco che il percorso si sviluppa per grandi temi, le sei sezioni in cui si articola la mostra, che focalizzano i possibili sensi della vena malinconica, tradotti in quadri, sculture, disegni, incisioni, con prestiti stupefacenti dei maggiori musei italiani ed europei, da Budapest a Dresda, da Roma a Milano, da Parigi a Zurigo, da Firenze a Londra. E il percorso prende il via dalla corte fiorentina, dal clima umanistico promosso da Lorenzo il Magnifico, dove sfilano Botticelli con "Il ritorno di Giuditta a Betulia", scena di una vibratile tensione emotiva che serpeggia con raffinata eleganza sui volti mesti e silenziosi delle due donne e su quello ombroso e spettrale del decapitato Oloferne, e Dürer, Rosso Fiorentino, con la Pala di Villamagna da Volterra, e Michelangelo con uno studio di testa per la Cappella Sistina in Vaticano, che contrassegna la malinconia profonda di un artista che nell'oscurità della materia trova il segreto miracolo della forma. E ancora Tintoretto con la sua "Origine d'amore" e Brescianino. Maestri in cui Cortenova individua per affinità elettive un riconoscimento da parte di Modigliani, Martini, Carrà, Melotti, Antonietta Raphaël, Bonechi. Si attraversano gli enigmatici personaggi di Giorgione, il "pellegrinaggio" estatico di Lorenzo Lotto, l'appartata sensibilità psicologica di Savoldo, l'inquieta virilità di Tiziano, nel "Ritratto di Zuan Paolo da Ponte", profuso di una consapevolezza della "vanitas". Suggestioni cariche di una simbologia misteriosa e fantastica, magica e ambigua che ha fatto da lezione alle ricerche di De Chirico, Arnold Böcklin, presente in mostra con ben sei opere tra cui "Malinconia", Frank von Stuck, Puvis de Chavannes, Felice Casorati, Parmigiani, Oppi, Guidi e Funi.

Ancora, le tensioni spettrali e nervose, quasi adrenaliniche di El Greco, e del Beccafumi, che alimenta alcune delle più alte espressioni dell'arte seicentesca, che trovano una corrispondenza emblematica con il sublime tormento psicologico, con i fantasmi della mente e dell'intelletto di Füssli e Blake, con il simbolismo scapigliato e sensuale di Tranquillo Cremona, con quello mistico e bucolico di Previati e Pel lizza da Volpedo, col simbolismo decadente e dandy di Gustave Moreau, con l'irrequietezza espressionista di Bonnard. Lo splendore della malinconia fa da nutrimento alle splendide ossessioni di Caravaggio, con la sua straziante e commovente "Maddalena addolorata", di Cambiaso, del Guercino più criptico con "Et in Arcadia Ego", di Bernini, del Mola, del Maestro delle Candele, con i loro teatri di penombre e chiarori balenanti, e degli spagnoli Ribera e Murillo, che rintracciano un legame con i tormenti bohèmien di De Pisis, Ernst, Savinio, e con i conflitti umani vissuti da Mafai, Pirandello, Tornabuoni, e con i provocatori giochi matrici dell'inglese Tony Cragg, Bill Viola, Lawrence Carroll. In questo gioco dialettico di rimandi, c'è spazio per la contemplazione della natura, tra Carracci e Poussin, Rosa e Sebastiano Ricci, e il naufragio emotivo di Friedrich, Ruskin, Grubicy de Dragon, fino all'astronomia drammatica di Eliseo Mattiacci.

Per concludere con l'attrazione fatale per la perfezione delle forme di Canova, che infesta come un morbo le scenografie di Hayez, In gres, Maillol, fino all'inquietudine minimalista di Uncini, Donald Judd, al classicismo post moderna di Paolini. Le opere si aggregano tra loro in una continuità cronologica che indaga, di volta in volta, le diverse sfaccettature della storia e della cultura, riannodando i fili di un percorso ora incline alla bellezza come ideale di una suprema e sacra armonia, ora rivolto ai brividi e agli allarmi della psiche contemporanea. "Il Settimo Splendore, il settimo cielo del Paradiso dantesco - conclude Cortenova - ci ha offerto lo sfondo su cui aprire altrettanti ventagli o gironi di esperienze che si avvalgono di volta in volta di una sorgente cronologica da cui prende avvio un attraversamento storico che giunge fino ai nostri giorni. Se è vero che la Malinconia appartiene alla sfera degli stati d'animo, è altrettanto vero che le tipologie salienti si ripropongono nel tempo, secondo parametri che di volta in volta s'incontrano nei ritmi formali o nella sensibilità specificamente visiva: in ogni caso nella coscienza di una storia che si fonda sull'espressività e non sulle categorie stilistiche spesso formulate a posteriori".



LAURA LARCAN

Notizie utili - "Il settimo splendore. La modernità della malinconia", dal 25 marzo al 29 luglio, Palazzo della Ragione - Galleria d'Arte Moderna, Piazza dei Signori, Verona. La mostra è a cura di Giorgio Cortenova, con l'assistenza di Patrizia Nuzzo e Milena Cordioli.
Orari: Dal lunedì al venerdì 9.30-19.30, Sabato e domenica 9.30-21.30.
Ingresso: intero 10 €, ridotto 8€.
Informazioni: Ingegneria per la Cultura-Gruppo Civita 199.199.111, dall'estero 0039 0243353522.


(27 marzo 2007)


da: www.repubblica.it/2007/03/sezioni/arte/recensioni/buongiorno-tristezza/buongiorno-tristezza/buongiorno-triste...

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 03:50.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com