Omosessuali al confino nell’Italia fascista

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vanni-merlin
00domenica 3 dicembre 2006 09:08
Omosessuali al confino nell’Italia fascista


Catania anni trenta: omosessuali catanesi mandati al confino a San Domino, nelle isole Tremiti, non per quello che avevano fatto – nessuno di loro aveva svolto attività antifascista - ma per quello che erano, arrusi.

mercoledì 29 novembre 2006, di Pina La Villa

La città e l’isola : Omosessuali al confino nell’Italia fascista / Gianfranco Goretti, Tommaso Giartosio. - Donzelli editore, 2006

Catania anni trenta. Nella Catania di Vitaliano Brancati, nel 1939, quarantacinque omosessuali (arrusi ) furono dal regime fascista mandati al confino a San Domino, nelle isole Tremiti, non per quello che avevano fatto – nessuno di loro aveva svolto attività antifascista - ma per quello che erano, arrusi appunto.

Sono passati quasi settanta anni dai fatti narrati in questo libro, e per la prima volta le loro storie e la vicenda che li accomuna vengono raccontate, sono oggetto di una indagine storica.

Una ricerca scrupolosa e un racconto intenso, che ricostruisce l’atmosfera di una Catania segreta e che a lungo è rimasta tale, con i suoi luoghi ai margini della città: l’arvulo rossu vicino al porto, una piazzetta nei pressi del castello Ursino, qualche casa di San Berillo, incontri veloci a piazza Roma, vicino al giardino Bellini. E poi gli ospedali, il Garibaldi e il Vittorio Emanuele, in cui c’erano le cosiddette “camere celtiche” in cui gli omosessuali venivano visitati alla ricerca delle “prove” della loro vergognosa – e pericolosa per la razza - attività sessuale.

La ricerca da cui il libro è nato, condotta in particolare da Goretti, riguardava tutti gli omosessuali mandati al confino dal regime fascista (più di trecento).Il caso catanese ha offerto, per il numero delle persone coinvolte, la possibilità di far emergere, dalla storia della repressione, anche la vita e le storie dei protagonisti.

Ne risulta un libro di storia che ricostruisce sia un pezzo delle vicende dell’organizzazione dello stato e della repressione fascista, sia i cambiamenti nel modo di vivere e di pensare l’omosessualità dagli anni trenta a oggi. Un’indagine che offre anche diversi spunti di riflessione sulle questioni dell’identità sessuale, sul genere e sulle relazioni tra i sessi. Un libro che arricchisce l’ormai nutrita serie di lavori che si occupano della storia di genere, anche maschile, e ci consentono oggi di conoscere come sono stati costruiti e si costruiscono i ruoli maschili e femminili nella storia.

La storia: gli omosessuali erano stati lasciati tranquilli fino alla fine degli anni trenta. L’omosessualità in sé non era considerata un reato. Si era pensato, nel 1931, nel progetto iniziale del Codice Rocco, di inserire un articolo (il 528 ) che la puniva in quanto «delitto contro la moralità pubblica e il buon costume», ma l’articolo non fu inserito perché , si disse, in Italia era un reato quasi inesistente, i maschi italiani erano tutti sani e virili quasi come il loro duce.

L’omosessualità era colpita solo con sanzioni amministrative, quando gli episodi a essa collegati «venivano all’attenzione» delle Questure come occasioni di scandalo, turbamento dell’ordine pubblico, delitti veri e propri .

Ma alla fine degli anni trenta, in coincidenza con le leggi razziali e nell’imminenza dell’entrata in guerra dell’Italia, non fu più così. Il regime si cominciò a preoccupare che gli omosessuali diventassero di “nocumento agli interessi nazionali” e alla fine ne mandò al confino, con pene che arrivavano a cinque anni, più di trecento in tutta Italia e fra questi quarantacinque arrusi catanesi.

Che significa essere omosessuale?

“se avessimo studiato la repressione continuando a tenere in secondo piano la vita misconosciuta delle sue vittime , ci sarebbe parso di replicare la violenza repressiva” dicono i due autori nella premessa.

Attraverso il racconto della vita e della personalità dei confinati possiamo comprendere meglio il modo in cui non solo gli omosessuali catanesi venivano giudicati ma come essi stessi si vedevano e si rappresentavano, spesso condividendo le ragioni dei loro accusatori.

A questo proposito è interessante la distinzione netta fra arrusi e masculi: arrusi erano gli omosessuali che assumevano il ruolo passivo, “femminile” nel rapporto , tanto è vero che ognuno di loro aveva dei soprannomi femminili ; masculu è considerato invece il suo partner , orgoglioso del suo ruolo. Colpiti dai provvedimenti sono i primi, poiché per gli altri il rapporto con gli arrusi era visto come una conseguenza dell’esuberanza sessuale del maschio latino, anzi come una prova della sua giusta e virile voracità e aggressività.

Gli autori cercano di evitare generalizzazioni e quando avanzano interpretazioni e ipotesi lo fanno con molta cautela, anche se è chiara la loro intenzione di scrivere in qualche modo la loro storia, la storia dell’identità omosessuale e di come sia cambiata, anche se faticosamente, dagli anni trenta a oggi.

La loro prospettiva consente di leggere più a fondo tra le righe dei documenti, di cui vengono trascritti interi brani: le ordinanze di confino, i verbali, le suppliche.

Il quadro di una Catania (di un’Italia?) provinciale, misera e ignorante viene così a costruirsi man mano che l’analisi e il racconto toccano i vari aspetti della storia: la vita prima dell’arresto, con il mistero di un delitto sullo sfondo; le retate e gli interrogatori, le visite, i ricorsi, l’arresto , il carcere, il confino. Un quadro che è un preciso contrappunto alla retorica del regime:il medico che fa le diagnosi volute dal questore, i verbali sgrammaticati e le umili e patetiche suppliche, l’arroganza e la supponenza delle ordinanze.

E’ anche il quadro di un impossibile amore, cioè di un vero rapporto con l’altro, nel contesto di relazioni sessuali centrate sull’aggressività del maschio e la passività della femmina (arrusu o donna). La storia dei arrusi catanesi, che estremizzano il loro “sentirsi” donne fino a riconoscersi nei soprannomi che si danno reciprocamente (Girolamo ’a Carbunara, Mariano ’a Custurera, Sebastiano ’a picciridda) mette a fuoco anche quella delle donne nella relazione eterosessuale. La Catania dei arrusi assomiglia più di quanto non pensiamo a quella di Brancati.


da: www.girodivite.it/Omosessuali-al-confino-nell-Italia.html

[Modificato da vanni-merlin 03/12/2006 9.08]

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