L'agopuntura ha basi scientifiche
Parola della medicina occidentale
Funziona da oltre 5.000 anni ed in cinese è chiamata «Zhen fa». È l'agopuntura, la branca della Medicina tradizionale cinese che, nonostante abbia alle sue spalle migliaia di anni di storia, è ancora, per l'Occidente, una scienza quasi sconosciuta e avvolta da un alone di mistero
Milano, 16 ottobre 2006 - Funziona da oltre 5.000 anni ed in cinese è chiamata «Zhen fa». È l'agopuntura, la branca dellaMedicina tradizionale cinese che, nonostante abbia alle sue spalle migliaia di anni di storia, è ancora, per l'Occidente, una scienzaquasi sconosciuta e avvolta da un alone di mistero. Eppure funziona sicuramente nella terapia del dolore. .
A sostenerlo non sono solo i guru della medicina alternativa ma, da qualche anno, anche un team di scienziati italiani, ricercatori dell'Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare (Ibfm) del Cnr di Milano.
Insieme ai colleghi dell'Università e dell'Istituto San Raffaele di Milano, coordinati da Ferruccio Fazio direttore dell'Istituto delCnr, gli studiosi infatti hanno dimostrato in maniera scientifica l'efficacia dell'agopuntura.
Ecco come. I ricercatori hanno usato la tomografia a emissione di positroni (Pet), una tecnica che permette di rilevare gli stati funzionali del cervello di soggetti umani. Per la prima volta è stato così possibile descrivere gli effetti cerebrali dell'agopuntura usata a scopo analgesico e fare un'ipotesi teorica sul suo funzionamento, chiarendo che la terapia si basa su effetti biologici e non sulla suggestione (effetto placebo).
«Pazienti volontari -riferisce il Cnr- sono stati sottoposti a una seduta di agopuntura reale e a una finta. Nella prima gli aghi sono stati posti nei punti 'canonici' della medicina cinese; nella seconda, in altri punti lontani dalla 'mappa tradizionale'. .
La Pet ha dimostrato che nel primo caso venivano attivate le aree cerebrali del dolore, mentre l'agopuntura placebo non le coinvolgeva in nessun modo». «L'azione analgesica dell'agopuntura sarebbe dovuta a una complessa azione sui circuiti nervosi, che verrebbero 'ingannati' da un rilascio di enzimi o di mediatori chimici, forse da sostanze simili alla morfina» dice Gabriele Biella, neurofisiologodell'Ibfm-Cnr.
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qn.quotidiano.net/chan/salute:5440844:/2006/10/20: